Vagina felice: uno squarcio sulla tela

Concetto [con-cèt-to] s.m. Rappresentazione mentale dell’essenza di un determinato aspetto della realtà.” Questa è la definizione – sintetica – di concetto. Esprimere quindi la propria idea, pensiero, su un determinato aspetto della realtà.

La vagina è realtà. La felicità un concetto.

La Vagina Felice: un punto di vista differente

Lo shop e il magazine della “Vagina felice” è il modo in cui amiamo definire la nostra attività qui in Bottega della Luna. Un percorso nato nel 2003 per parlare e agire in campo mestruale, sessuale, di salute del perineo. Non solo un percorso aziendale ma anche il contributo a una costruzione culturale, un’occasione di formazione, di “alfabetizzazione” sui temi del femminile, oltre il concetto di genere. Abbiamo parlato di vagina in tanti modi: immaginata, divulgata e discussa nella sua valenza fisiologica, estetica, di benessere e sociale.

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Oggi ci lasciamo ispirare dall’arte concettuale e cambiamo punto di vista. Troviamo assonanze tra il nostro concetto di Vagina Felice e…

Lucio Fontana, Concetti Spaziali e Attese

Pittore e scultore (Rosario, Santa Fé, 1899 – Comabbio 1968). A Milano frequentò l’Accademia di Brera e fu in contatto con il gruppo di artisti gravitanti intorno alla galleria del Milione, dove, nel 1931, espose le sue prime sculture astratte. Membro del gruppo francese Abstraction-Création, nel 1935 aderì al movimento degli Astrattisti Italiani firmando il manifesto della Prima mostra collettiva di arte astratta italiana a Torino. Tornato in Argentina insegnò a Buenos Aires e nel 1946 stilò il Manifiesto blanco, che segnò l’inizio delle sue esperienze “spaziali”; l’anno seguente, a Milano, sottoscrisse il primo manifesto del movimento spaziale. Al 1952 appartengono i primi buchi e le tele dipinte con colore spesso misto a frammenti di vetro (Concetto spaziale, 1952, collezione Fontana, Milano; Concetto spaziale, 1954, Galleria nazionale d’arte moderna, Roma) mentre nel 1958 appaiono i tagli nella tela (Attese, 1958, collezione Fontana, Milano) che Fontana sperimentò parallelamente in scultura con la serie di Nature. Seguirono cicli di opere quali La fine di Dio (1963) e i Teatrini (1964) presentate in numerose mostre in Italia e all’estero. All’importanza del colore nell’opera di Fontana è stata dedicata un’antologica a Genova (2008). Numerose le tecniche usate da Fontana; particolare importanza ha nella sua opera la ceramica. Nel 1966 ottenne il Gran premio internazionale della pittura della Biennale di Venezia.

Le tele monocrome con tagli rettilinei, realizzate da Lucio Fontana negli anni Cinquanta, fanno parte di un ciclo di opere dal titolo Concetto spaziale.

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Lucio Fontana, Concetto Spaziale, Attese.

“…Passa l’infinito di lì, passa la luce, non c’è bisogno di dipingere…” (L. Fontana)

“Lo spazio” non è inteso come vuoto, ma come materia, mezzo per la realizzazione dell’opera.
Nelle sue tele, Fontana non si limita a lavorare con il colore e materiali diversi, come gli altri artisti informali: egli buca o taglia letteralmente la tela, introducendo nell’opera, come elemento costitutivo di essa, accanto al colore e ai diversi materiali, anche lo spazio che sta dietro.
Tagliando la tela, la alleggeriva della tensione permettendo all’osservatore di vedere lo spazio al di là da essa, creando una specie di senso di infinito.

Cosa succedeva negli anni in cui Fontana creava i primi buchi e i tagli sulla tela?

È appena finita una guerra disastrosa, sono stati sganciati due ordigni atomici che in pochi secondi hanno provocato la morte di circa duecentomila persone. I primi satelliti vengono lanciati nello spazio e nelle case degli italiani e non solo, incominciano a entrare immagini che proprio attraverso quello spazio viaggiano: è la televisione. In questo contesto, l’esiguo intervallo della tela non è più sufficiente per descrivere un mondo che ha confini sempre più labili ed eterei, bisogna andare oltre. Ed è allora che Fontana buca e taglia la superficie: vuole creare una sensazione di infinito per dare valore allo spazio e rendergli la tridimensionalità che merita. Lo spazio non è qualcosa di così insignificante da potersi circoscrivere in un rettangolo.

Fontana buca la tela soprattutto per azzerare la finzione della prospettiva, quella menzogna che per secoli aveva troneggiato nel mondo dell’arte. In questo modo ristabilisce un contatto fra ciò che sta davanti e ciò che sta dietro, che fino allora era solo una mera illusione. È un modo per risvegliare la consapevolezza concettuale dell’osservatore.

Arte concettuale e Vagina Felice non ti sembrano affini?

Scrive Fontana il 25 Marzo 1949 a Paolo Edelstein: “L’arte non evolve (eleva) perché se ciò fosse vero basterebbe l’arte dei greci o il Rinascimento perché gli uomini fossero giunti ad essere perfetti; la verità è che l’arte è servita e serve per la propaganda di ciascun ideale, vedi gli archi di trionfo, monumenti a generali ed eroi, agli dei, propaganda che realizzata dagli artisti ci viene oggi presentata come opera d’arte (…) “

Emblematico è il concetto di Spazio e Attesa di Fontana espressi tramite il più riconoscibile squarcio. Che pare un distruggere invece è un tentativo di oltrepassare, lasciare libera espressione, non circoscrivere il concetto.

Non è solo la tela che fa l’arte. Non è solo la vagina che fa la donna.

“Era indubbiamente consapevole che alcuni suoi Concetti spaziali avevano l’aspetto di genitali femminili, e scelse volutamente di enfatizzare questa somiglianza con tocchi di rosa carne.” Brian Sewell, 1988

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Lucio Fontana (1899-1968), Concetto spaziale | Christie’s

 

Abbiamo voluto chiaramente giocare con le similitudini, un esercizio creativo. Volutamente non abbiamo raccontato il “periodo storico femminile” che ha coesistito (magari influenzato) la produttività artistica di Fontana.

Perché la conquista dello spazio, l’arrivo della televisione, ancora prima la fine della guerra, una nuova geografia, anche femminile, hanno “oltrepassato la tela” generando poi riflessioni, battaglie e conquiste che oggi, permettono di scrivere di Vagina Felice in più ambiti. Compreso il nostro.

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Paola Sammarro
Giornalista pubblicista, mi occupo di comunicazione e contenuti pubblicitari per diverse aziende. Da sempre ho esplorato, indagato e lavorato con il "femminile" nelle sue svariate espressioni di vita. Culturali, di genere, imprenditoriali.

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